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Ilva Alti Forni e Acciaierie d’Italia
(soggetto produttore)
 
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Archivi della politica e dell'impresa del '900 veneziano


Tipologia del soggetto produttore

Ente

Forma autorizzata del nome

Ilva Alti forni e Acciaierie d’Italia di Porto Marghera

Precedenti denominazioni

- 1920 Società Cantieri Navali e Acciaierie di Venezia
- 1929 AVE Acciaierie di Venezia
- 1931 Ilva Alti Forni e acciaierie d’Italia

Date di esistenza

- 1931

Storia

Lo stabilimento di Porto Marghera non era che uno dei molti attivi in Italia facenti parte del Consorzio Ilva alti forni e acciaierie D’Italia (San Giovanni in Valdarno, Sestri Ponente, Piombino, Portoferraio, Savona, Bagnoli, Lovere, Voltri, Darfo, Oneglia, Novi Ligure). Tale Consorzio, costituitisi nel 1931, aveva assorbito gran parte degli stabilimenti metallurgici attivi in Italia a partire dalla fine dell’Ottocento.

Lo stabilimento di Porto Marghera, che solo nel 1931 prese la denominazione di Ilva Alti Forni e Acciaierie d’Italia, sorgeva su un’ area che si affacciava sul canale Industriale Nord. Tale area faceva parte di quell’ampia superficie che lo Stato aveva concesso nel 1917 alla neonata Società Porto Industriale guidata da Giuseppe Volpi affinché vi fosse insediato un polo cantieristico funzionale al nuovo porto industriale progettato dall’ing.Coen Cagli:

“Lo Stato concede alla Società “Porto Industriale di Venezia” per la durata di anni 90 [...] l’uso delle aree e degli specchi acquei portuali situati a sud del canale Industriale Nord, quali risulteranno dalla esecuzione dei lavori enumerati all’articolo 1 e destinati, secondo il progetto indicato all’articolo stesso, all’impianto ed esercizio del cantiere navale con le annesse acciaierie e di industrie navali e marittime in genere.”

Dopo il 1917, l’area venne assegnata alla Società Cantieri Navali e Acciaierie di Venezia (società creata dallo stesso Volpi con la partecipazione delle maggiori industrie siderurgiche italiane quali Terni, Ilva, Acciaierie di Piombino, Ansaldo, Officine Miani e Silvestri, Cantieri riuniti, Franco Tosi) che la detenne fino al 1928, benché l’attività cantieristica avesse presto perso importanza rispetto a quella metallurgica per la produzione di acciaio e di costruzioni metalliche.

Nel 1929, infatti, la Società Cantieri Navali e Acciaierie di Venezia fu accorpata – assieme alla Ferriere e Acciaierie di Udine – nell’AVE (Acciaierie di Venezia) e nel 1931 quest’ultima fu assorbita a sua volta dall’Ilva di Genova, che cominciò quindi la sua attività a Marghera.

Tra gli anni ’30 e ’40 lo stabilimento sviluppò un’attività siderurgica grazie ad un’acciaieria con tre forni elettrici e laminatoi per la produzione di profilati medi e altri laminatoi per quella di ferri piccoli. In quegli stessi anni fu ampliata la carpenteria per la costruzione di ponti ferroviari e stradali e di capannoni industriali.

L’attività metalmeccanica era esercitata da un impianto per lavorazioni delle strutture di carpenteria in ferro, da una fonderia di getti di ghisa e di acciaio annessa all’acciaieria, da un’ officina meccanica per la lavorazione dei getti e la manutenzione di questo e di altri stabilimenti dell’ILVA. Oltre ai reparti di lavorazione, lo stabilimento era dotato di una sede di direzione ed di uffici amministrativi, di una sottostazione per trasformazione energia elettrica da 50000 a 6000 V, di una cucina e di mensa e spogliatoio per le maestranze, magazzino per le materie prime, ufficio tecnico, sala prove materiali, ecc.

Prima della seconda guerra mondiale la produzione dell’acciaieria a tre forni elettrici raggiunse le 1500 t/mese con un numero di addetti pari a 1600 unità, ridotte a 1100 subito dopo il conflitto, quando lo stabilimento, in particolare il laminatoio, i treni principali e il capannone della carpenteria metallica, furono gravemente colpiti dai bombardamenti.

Pertanto la produzione di Ilva, specializzata nella produzione di travi, angolari e soprattutto di profilati medi e piccoli era destinata ai settori siderurgico, meccanico, navale.

Nel 1961 ILVA entrò a far parte del gruppo Iri (con la denominazione di Italsider) condividendo i programmi produttivi con le altre aziende siderurgiche di tale Gruppo pubblico. In questi anni si evidenziò anche la progressiva crisi della produzione dell’acciaio che determinò anche l’abbandono da parte di Ilva dell’acciaieria e della fonderia. Nel 1979 nello stabilimento di Porto Marghera restavano attivi solo il laminatoio e la carpenteria.

Negli anni Ottanta, nel quadro della sua progressiva privatizzazione, Ilva divenne Nuova Italsider, poi Deltasider (1985), a per essere infine smembrata tra i gruppi Riva e Beltrame.

Oggi l’impresa, che è rimasta di proprietà Beltrame, pur se ancora attiva, ha ridotto drasticamente il numero dei suoi dipendenti e ridimensionato le dimensioni dell’area.


Redazione e revisione

Scheda a cura di F. Porchia; revisione A. Pozzan


 
Organizzazione data creazione: 15 febbraio 2012

 
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